E’ innegabile che, per tanti anni, la figura paterna sia stata sistematicamente discriminata, soprattutto nella fase  patologica del matrimonio.


Si è dovuto attendere il 16 Marzo 2006, data del varo della Legge Paniz, ovvero quella che ha sancito l’affidamento condiviso, per restituire un significato al ruolo del padre nelle separazioni e nei divorzi.


Ci sono voluti anni, tanti (anzi troppi), per tutelare tanti bambini contesi e restituire loro un minimo di normalità di vita, attraverso il recupero della bigenitorialità.


Ancora oggi, nonostante la L. 54/06, la mentalità di molti operatori del diritto (e non solo) non è cambiata granchè.


In molti Tribunali la legge dell’affidamento condiviso non è (sempre) applicata.


Non esiste una giurisprudenza costante ed omogenea in tal senso.


Tutto è legato alla sensibilità del singolo giudice (e dei difensori).


Tutto questo non può essere accettato.


La Legge non può essere disapplicata nè sostituita dal proprio convincimento.


Le ragioni di tutto questo sono chiare.


E’ una questione di mentalità, di una mentalità omologata e conservatrice che si poggia su una visione anacronistica circa il ruolo del padre e della madre, rispetto ai figli.


Si viene da anni bui in cui un padre separato, anche quando non era colpevole di niente, poteva incontrare i suoi figli con il “contagocce”. Ciò era dipeso dalla presunta “superiorità genitoriale” della figura materna o, quantomeno, dalla possibilità della madre di dedicare molto più tempo ai figli.


Per fortuna la donna, anche se a fatica, si è emancipata e oggi del tutto meritatamente riesce a realizzarsi anche al di fuori delle mura domestiche. C’è ancora molto da fare per stabilire una vera parità tra uomo e donna nel mondo del lavoro.


Ciò è indubbio e le statistiche parlano chiaro. Ma è comunque un dato oggettivo che l’Italia oggi non sia più “un paese di casalinghe”.


Partendo da questo dato, dobbiamo dunque ammettere che la figura materna non può più, come prima, occuparsi dei figli a tempo pieno. E quindi non può avere “l’esclusiva”.


Dunque è caduto un dogma e, ora, occorre ridiscutere sul modo in cui far vivere e crescere i figli delle separazioni e dei divorzi.


Mai come oggi le due figure genitoriali sono complementari ed essenziali per i figli.


E mai come oggi anche la psicologia (da sempre nella stragrande maggioranza a favore delle madri) sta facendo marcia indietro e sta cercando di valorizzare la figura del padre.


Nonostante ciò, vi è ancora chi si ostina ad escludere, di fatto, i padri dalla vita dei figli.


E accade anche quando “sulla carta” è previsto l’affidamento condiviso, con limitate possibilità dei papà di stare veramente con i figli.


Allora la questione è culturale, più che giuridica. In Italia si vive di stereotipi, di prese di posizione preconcette, di steccati ideologici.


La modernità ci spaventa. Non siamo inclini ai cambiamenti. Siamo fondamentalmente provinciali.


Anche e soprattutto nel diritto di famiglia.


Dobbiamo maturare e capire che il padre e la madre sono le facce della stessa medaglia. Due valori che non possono essere confusi nè essere messi in competizione.


I figli hanno bisogno di loro, senza differenze nè distinzioni.


Non occorreva certo una Legge (nemmeno tanto applicata) per  imporci questa “rivoluzione culturale”.


L’Italia è un Paese in cui i valori sono imposti per legge…


E il padre è un valore sacro, così come lo è la madre. Da questa certezza occorre ripartire ed operare a tutti i livelli.


L’AMI intende fare la sua parte in questa crescita della cultura giudiziaria e non.


Troppe volte le varie Associazioni dei padri separati hanno contestato l’avvocatura matrimonialista di essere contro la paternità, contro l’affidamento condiviso, contro i diritti dei figli.


E’ arrivato il momento di smentire queste persone.


Non è affatto vero che “tutta” l’avvocatura la pensa in un solo modo.


Le cose non stanno così. Diciamo, invece, che molte associazioni forensi non hanno fatto nulla per fugare i sospetti di “partigianeria” che molti padri separati hanno legittimamente nutrito (anche se con toni eccessivamente duri e polemici) nei confronti degli avvocati.


L’AMI vuole sostenere ogni battaglia giusta, senza preconcetti.


Quella dei padri separati è una battaglia giusta, così come lo è quella delle tante donne abusate e violentate o quelle dei tanti minorenni vittime di violenze di ogni sorta.


La credibilità di un’associazione si misura soprattutto nei suoi scopi (e non in altro).


Organizzeremo spesso eventi formativi che avranno come tema la paternità. Ritengo che quest’ultima abbia un’assoluta priorità. Così come in futuro parleremo di maternità difendendo questo valore.


Ciò che chiedo ai soci dell’AMI è soprattutto un atteggiamento sereno, imparziale e moderno.


Dobbiamo tutelare i diritti di tante persone, di tutte le persone.


Abbiamo un compito sociale difficile quanto affascinante.


Non possiamo perdere un’occasione storica di rappresentare tutti e di essere veramente credibili.                                                                                                                             


                                                                                 Avv. Gian Ettore Gassani

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