ROMA — C’è lo studio dove soltanto per sederti devi già staccare un assegno e scriverci sopra cifre a quattro zeri. E poi pregare. Sperare. Che la pagina triste del tuo matrimonio infranto non si trasformi in una sanguinosa guerra dei Roses: in questo caso aggiungere uno zero a quell’assegno sarebbe davvero un attimo. Perché ci sono studi legali dove sembra proprio che ci godano nel buttare benzina sui fuochi dei divorzi. Meglio: ci lucrano. Semplicemente.


IL BUSINESS – È un business difficilmente quantificabile quello delle operazioni legali per lo scioglimento del vincolo del matrimonio. Perché è la causa stessa del divorzio che, di per sé, ha un valore indeterminabile (si dice proprio così in termini tecnici). Ma che sia un business è decisamente innegabile. Stiamo parlando di un giro d’affari che ogni anno fattura dai 500 milioni al miliardo di euro, in media. E questo secondo una stima che forse è un po’ approssimativa, ma sicuramente attendibile. O, magari, calcolata addirittura lievemente in difetto.


IL RECORD – Perlomeno a giudicare dal numero dei divorzi che in Italia non ha mai smesso di crescere. E che lo scorso anno ha raggiunto un picco davvero senza precedenti: oltre il 25% di divorzi in più, in soli dodici mesi. In numeri assoluti, soltanto dal 2005 al 2006 i divorzi sono aumentati tanto quanto negli ultimi dieci anni, più o meno. Oltre quindicimila in più, contro i ventimila del decennio. Per capire, nei dettagli: dal 1995 al 2005 il numero dei divorzi in Italia è cresciuto sempre. In una lenta ma inesorabile progressione: due, tre, quattro, cinquemila unità in più da un anno all’altro. Erano poco più di 27 mila nel 1995, sono arrivati a poco più di 47 mila nel 2005. Fino all’ultimo boom: sono stati oltre 60 mila i divorzi nel 2006 (61.153, per la precisione, secondo le cifre del ministero della Giustizia).


CONGIUNTI E GIUDIZIALI – Ed ecco che i conti del giro d’affari sono fatti. Non presto, certo, bisogna prima ragionarci un poco su. E dividere quindi i divorzi in due categorie: quelli congiunti e quelli giudiziali. Ovvero: quelli dove l’ex marito e la ex moglie sono d’accordo, in generale. E quelli dove, in un’iperbole senza fine, si può invece arrivare agli insulti, ai coltelli, agli investigatori, alle perizie, al Dna. Nel 2006 i divorzi giudiziali sono stati la metà di quelli congiunti (19 mila 659 contro 41 mila 494). A tutto questo, poi, bisogna aggiungerci la straordinaria lentezza dei nostri tribunali che in materia di giustizia civile è davvero indescrivibile: ci vogliono oltre 670 giorni, in media, per concludere un divorzio giudiziale. E ben 130 persino per un divorzio congiunto, che non vorrebbe avere discussioni.


DIECI ANNI – Ma poi ci sono i picchi: si raggiungono tranquillamente anche i dieci o anche i quindici anni per mettere la parola fine su un pezzo di carta della nostra giustizia. Picchi che hanno spinto un magistrato come Francesco Greco, procuratore aggiunto di Milano, a sentenziare che in Italia si fa prima a uccidere il coniuge piuttosto che a divorziare. È un percorso lungo, conflittuale, decisamente faticoso. E, appunto, costoso. Soltanto se parliamo di divorzi congiunti ha un qualche senso tirar fuori un tariffario legale (quasi) ortodosso. E stabilire così una cifra minima ed una massima abbastanza quantificabile: si va dai 1000-2000 ai 10-15 mila euro. Ovviamente dipende dagli studi dove si decide di andare. Come dire? Sono rari gli studi legali dove per un divorzio che vede i coniugi d’accordo praticamente su ogni cosa (magari senza nemmeno la delicatissima questione relativa all’affidamento dei figli) si devono sborsare le cifre a quattro zeri. Ma ci sono.


SENZA TETTO – Sono gli stessi studi legali dove volano cifre leggendarie per scioglimenti di matrimoni che definire semplicemente conflittuali non può rendere l’idea, talvolta. I divorzi conflittuali sono, per definizione legale, senza tetto. Perché infinite sono le variabili che legano l’assistito al proprio avvocato. Qualche volta l’assistenza del legale diventa anche giornaliera. O, magari, richiede interventi extra e di emergenza, come l’accompagnamento in un pronto soccorso o in un ospedale. Oppure stiamo parlando di casi di coppie che, oltre che unite in matrimonio, si erano unite anche in affari societari. E di avvocati che invece di placare e sedare, fomentano gli animi turbolenti degli ex mariti e delle ex mogli.


IL CONFLITTO E LA PARCELLA – Maretta Scoca, legale matrimonialista, scuote la testa: «Non ha senso alimentare i conflitti. L’attività più importante di un avvocato che si occupa di temi delicati come le separazioni e i divorzi è proprio quella di cercare di tranquillizzare i due coniugi. Che quando arrivano al divorzio spesso hanno una conflittualità così forte da avere un serio bisogno dell’aiuto esterno per essere sedata e poter così raggiungere un accordo». È sperimentato: la conflittualità fra moglie e marito non dipende dall’entità dei patrimoni. I due coniugi sono capaci di scannarsi alla stessa maniera per 50 euro come per 50 milioni. La differenza la farà soltanto la parcella finale dell’avvocato. Dieci, quindici, venti, centomila e chissà più quanti euro: le cifre delle tariffe per un divorzio giudiziale (più o meno complicato) non hanno davvero tetto. E anche se sono pochi (e tutti molto famosi) gli studi legali dove soltanto per sedersi si deve staccare un assegno a quattro zeri, è anche frequente che in questi studi si arrivi a cumulare spese per tariffe che di zeri ne hanno dietro cinque. Sembrano favole ma sono la triste e dura realtà: parcelle di divorzi che sono arrivate a centomila, duecentomila euro (il resto è alla vostra immaginazione) pagate senza battere ciglio. Fantomatiche come le somme sborsate dal coniuge agiato per raggiungere l’intesa economica.


IL RECORD – In Italia non abbiamo mai raggiunto il picco americano del giocatore di basket Michael Jordan che per sciogliere il suo vincolo di matrimonio dalla moglie Juanita ha dovuto lasciare sul tavolo 150 milioni di euro (del resto questo è anche il divorzio più caro del mondo, secondo la classifica pubblicata dalla rivista Forbes). Da noi, però, ancora ci risuonano nelle orecchie le liti furibonde e le carte bollate del divorzio che vide contrapposti Giorgio Falck e Rosanna Schiaffino: il re dell’acciaio lasciò parecchio alla moglie per scrivere la parola fine al suo matrimonio. Oltre 4 miliardi di lire, l’attico di Milano, la casa di Cortina, la collezione di quadri, i mobili…


Fonte: il Corriere.it 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *