La testimonianza di Graziella Teti, responsabile Ufficio Adozioni di CIAI  

«Il Vietnam, nelle politiche relative all’adozione internazionale, ha fallito». È la dura conclusione di un rapporto di Associated Press sulla condizione dell’infanzia abbandonata nel paese asiatico, che riporta testimonianze di corruzione, frode e traffico di minori, storie di neonati venduti dal personale degli ospedali a famiglie disposte a tutto pur di avere un figlio, testimonianze di madri analfabete costrette ad abbandonare il proprio figlio su pressione dei funzionari degli orfanotrofi. Il documento si basa su canali americani: negli Stati Uniti nel 2007 sono stati adottati 826 minori.


In Italia, nel 2007, dal Vietnam sono arrivati 263 bambini, il 7,7% delle adozioni realizzate. L’anno scorso quindi il Vietnam è stato il quinto paese di provenienza dei minori adottati. La loro età media è la più bassa di tutte: solo 1,64 anni. Dal 2000 ad oggi sono stati complessivamente 832 i minori vietnamiti adottati in Italia. Sono nove gli enti autorizzati ad operare nel Paese.


Un mese fa, nel l’ambito del convegno “Scenari e sfide dell’Adozione Internazionale”, organizzato dal CIAI a Venezia, la responsabile dell’ufficio adozioni, Graziella Teti, aveva fatto una testimonianza che metteva in luce le difficoltà degli enti autorizzati ad operare nel paese. Eccone uno stralcio.


«La presenza del Ciai in alcuni Paesi non firmatari la Convenzione Aja, dove promuove progetti di cooperazione a favore dei bambini e realizza un numero irrisorio di adozioni, ci offre la possibilità di stare “in mezzo ai giochi” e osservare alcuni meccanismi distorti. In Vietnam, per esempio, il dialogo con l’autorità centrale e le istituzioni locali è stato molto difficile per il Ciai, e per molto tempo nessun caso di adozione è stato avviato, ufficialmente “per mancanza di bambini adottabili”.


Nei centri presso i quali eravamo accreditati i bambini erano pochissimi e sempre “already booked”, già prenotati. Sì, il termine è proprio questo: prenotati.


Negli stessi centri però moltissime adozioni venivano intanto realizzate. Tutte, o quasi tutte, di bambini molto piccoli. Naturale cercare di capire da dove provenissero. I casi di abbandono spontaneo sono fenomeno piuttosto raro e quando ciò sporadicamente accade, la comunità di appartenenza tenderebbe a farsene carico, se non ci fossero sollecitazioni di tipo diverso.
Non senza un certo candore, ciò ci è stato più volte confermato da alcuni direttori dei centri.


Secondo questi racconti l’intermediario (o l’intermediario dell’intermediario..) farebbe il lavoro sporco di contattare la famiglia (povera e analfabeta, meglio se ha già molte bocche da sfamare…) già prima della nascita del bambino, convincendola a cederlo dietro la corresponsione di denaro (dai 300 ai 500 dollari). La madre o chi per essa verrebbe poi convinta a firmare la lettera di rinuncia al bambino e di autorizzazione all’adozione. Spesso, senza poterne comprendere fino in fondo le conseguenze.


Secondo testimonianze sussurrate, alcune organizzazioni internazionali disporrebbero, tramite una rete capillare di procacciatori locali, di “propri canali autonomi di reperimento dei bambini”. In seguito, il bambino verrebbe registrato nei registri dell’istituto e l’iter adottivo si avvierebbe senza impedimenti formali. Naturalmente, ciò può accadere solo grazie alla collaborazione connivente di alcuni direttori, di operatori dei servizi sociali locali, di funzionari dei diversi uffici.


Un’altra forma di “traffico” è rappresentata dalla corruzione connessa all’iter burocratico per il perfezionamento dell’adozione; in molti paesi a ogni passaggio di carte è richiesto un pagamento non ufficiale per favorire, sveltire, facilitare… Due funzionari di un Ministero, nel riceverci per una prima visita di presentazione della nostra organizzazione, ci hanno richiesto 4000 dollari in contanti. Tanto per spianare la strada a futuri accordi. Con questi presupposti, chi decide di non accettare e anzi di combattere questo sistema incontra grandissime difficoltà.


Dove ancora accadono queste cose, l’adozione internazionale, lungi dal rappresentare una risorsa utile ai bambini rimasti soli, si configura piuttosto come risposta organizzata e criminosa alla fame di figli espressa dal mondo occidentale».
 
tratto da VITA

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