Unioni spezzate dal peso di rate e mutui. E c’è chi non divorzia perché costa troppo


Tempi durissimi per i romantici, per chi continua a ripetere, prima di tutto a se stesso, che i soldi con l’amore non c’entrano niente, per chi è convinto che la passione non sia come un ticket di un parcheggio a tempo. E che dirsi «per sempre» ha veramente quel significato. Due cuori e una capanna spazzati via dalle verifiche statistiche e sociologiche che vedono l’istituzione «matrimonio» travolta dal cambiamento della società ma anche dalla crisi economica delle famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Che scoppiano causa austerity o che invece si costringono a rimanere insieme per non dover sopportare una moltiplicazione delle spese fisse. Due facce della stessa medaglia, un unico potente detonatore.
Chi decide di rimanere insieme nonostante la passione sia stata rottamata da tempo lo fa cercando di trasformare quello che un tempo era un matrimonio in una coabitazione tra parenti. E per buonanotte un candido bacio sulla guancia. Altro che Sex and the city. Un azzeramento del desiderio che riguarda 40 coppie su 100 secondo una ricerca di Mente & Cervello. Tante le cause: noia, indigestione da libertà sessuale, seccature quotidiane, troppa televisione. Un fenomeno non solo italiano visto che dall’ultimo congresso della Federazione europea di Sessuologia emerge come il calo del desiderio si sia triplicato in dieci anni. Spesso è lui a dire «ho mal di testa», annientato dal cambiamento del genere femminile. Ma questa è ancora un’altra storia.
A guadagnarci gli avvocati che vedono sempre più clienti alla loro porta, magari anche per una consulenza e per la fatidica domanda: «Posso permettermi di divorziare?». Se la risposta è «sì» allora meglio farlo con meno sperpero di risorse possibile e scegliere un addio consensuale che lima parecchio la parcella del professionista scelto per accompagnare il cliente dalla vita di coppia a quella da single di ritorno. E l’Istat evidenzia, in una sua ultima ricerca sull’instabilità coniugale, proprio l’aumento dei procedimenti di separazione legale o divorzio consensuali, rispettivamente nell’85,5 e nel 77,6 per cento dei casi.
E anche il fatto che su dieci separazioni quattro non proseguono verso il divorzio (senza che ciò porti ad una ricomposizione dell’unione coniugale) è da collegare alla necessità di fare economia e di non riuscire a sopportare cambiamenti anche minimi nel precario assetto economico raggiunto con la separazione.
Statistiche, ma anche storie che raccontano la fine dell’amore in tempo di crisi. C’è la storia del poliziotto che non arriva a 1200 euro al mese e che vede andare in pezzi il suo matrimonio per le difficoltà economiche impossibili da affrontare, ma anche la storia del manager travolto dalla falcidia di colletti bianchi in atto nelle aziende. Ed è la moglie, ormai ex, a raccontare come sia difficile superare con il cuore un cambiamento radicale di stile di vita.
Lei ha visto precipitare la sua vita tranquilla quando il marito, manager di un’importante azienda di telecomunicazioni, si è trovato a nemmeno cinquant’anni senza lavoro. «Era dirigente ed è stato costretto a prendere un incentivo per andarsene, ma poi a lungo non ha trovato lavoro. Abbiamo tre figli in una scuola privata, un mutuo, un tenore di vita agiato e le difficoltà ci hanno diviso».
A seconda di come si guarda il problema, la situazione può essere diversa, anzi opposta. Così ecco che le agenzie matrimoniali fanno affari d’oro con chi cerca un’anima gemella con portafogli da condividere. Come conferma Lara Torrezzani, un’ agenzia del Club dei single «Eliana Monti» che va a gonfie vele: «I nostri clienti hanno bisogno di affetto, ma anche di aggirare la crisi economica».
Difficile da disegnare questo nuovo universo matrimoniale travolto dal cambiamento. Tanti dati, tante spie di quello che è stato e che non è più. Così l’Istat rivela, per esempio, che le separazioni con almeno un coniuge alle seconde nozze si dimostrano meno conflittuali rispetto quelle di coniugi entrambi al primo matrimonio. Come dire: l’esperienza insegna. Mentre nelle coppie miste, in crescita continua nel nostro Paese, si osserva, invece, una conflittualità maggiore. «Vanno incontro alla separazione più precocemente delle altre», fanno notare all’Istat. La durata media dell’unione coniugale alla richiesta di separazione è pari a otto anni nelle coppie miste formate da un cittadino italiano e da uno straniero, contro i 14 riscontrati nelle separazioni di coniugi entrambi cittadini italiani per nascita. E anche l’addio è più battagliero che nei casi in cui non ci siano differenze di provenienza. Tante analisi, tanti discorsi, un’unica certezza: mai dire «per sempre», soprattutto con i tempi che corrono.


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