A norma dell’articolo 155 del codice civile, “il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati…”.
Un’indagine condotta da “Il Sole-24ore” evidenzia come l’affido condiviso prevalga praticamente ovunque, con l’unica eccezione di Potenza, dove l’affidamento esclusivo alla madre resta la regola.
La prassi dell’affidamento condiviso è decollata con l’entrata in vigore della legge 54/2006, che impone il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori. In altre parole, la riforma consacra il diritto del minore alla cosiddetta bigenitorialità, che si sostanzia nella necessità che lo stesso sia soggetto e non già mero oggetto di contesa nella separazione coniugale.
Ciò significa che, anche laddove sussista e permanga un rapporto di conflittualità tra gli ex coniugi, deve essere salvaguardata la tendenziale continuità del rapporto del minore con i genitori, nonchè con  ascendenti e parenti di entrambi.
Questo in teoria.
La realtà è, purtroppo, diversa: di  norma i figli vivono con uno solo dei due genitori (solitamente la madre) e l’altro si limita  -o viene limitato- a versare la propria quota di mantenimento. Ma la disapplicazione sostanziale del testo normativo non finisce qui.
La disciplina introdotta dalla L.8 feb. 2006/54 prevede, ora, che il giudice, prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’art. 155 c.c., debba obbligatoriamente disporre l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, ad anche di età inferiore, ove questi abbia raggiunto sufficiente capacità di discernimento. La formulazione della norma non sembra lasciare spazio a discrezionalità alcuna, benchè non sia specificata la conseguenza del mancato adempimento all’onere di ascolto del minore da parte del giudice. Così finisce che in tutti i tribunali c’è traccia di tali audizioni solo nei casi più eclatanti.

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