Il problema del riconoscimento di un paritario trattamento giuridico-sociale da accordare alla famiglia di fatto rispetto alla famiglia legittima, anche in relazione ai connessi rapporti di filiazione, legittima e naturale, ha trovato un positivo riscontro nella recente decisione della Suprema Corte di Cassazione (Cass. civ., III sez., 7.6.2011, n.12278) in cui, per la prima volta, e in linea con la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, sembra finalmente delinearsi anche per il nostro paese un nuovo concetto di famiglia che supera “la famiglia nucleare, per ricomprendere i rapporti tra i prossimi parenti, legittimi o naturali, i quali esercitano un ruolo considerevole nella vita affettiva della persona” (C. eur., 13.6.1979).


Anche di recente, il Giudice europeo dei diritti dell’uomo ha avuto modo di ribadire che la nozione di famiglia, accolta dall’art. 8 Conv. eur., non presuppone necessariamente la sussistenza del vincolo matrimoniale, potendo basarsi anche sull’esistenza di legami di fatto particolarmente stretti e caratterizzati da una stabile convivenza.


Ebbene, il caso sottoposto all’esame della nostra Suprema Corte, che ci riporta al precedente riconoscimento al solo convivente “more uxorio” di una tutela risarcitoria da fatto illecito (Cass., 29.4.2005, 8976), si arricchisce oggi di un valore aggiunto, in quanto si decide di estendere la tutela risarcitoria da fatto illecito all’intera famiglia di fatto, ovvero anche ai discendenti naturali, riconosciuti e non, quando sia “provata la stabilità e la continuità nel tempo del rapporto e delle relazioni affettive”.


In linea con l’innovativo orientamento, il quasi contestuale progetto di riforma AC 2519, approvato all’unanimità alla Camera dei deputati il 30 giugno scorso, e attualmente all’esame del Senato in attesa di divenire legge dello Stato, si propone altresì di perseguire l’obiettivo di anteporre “il valore e la centralità della persona umana ad ingiustificate differenze sullo stato di figlio in attuazione dei principi sanciti dalla Costituzione (articoli 2, 3 e soprattutto 30) e degli indirizzi fissati nei trattati internazionali, tra i quali la Carta di Nizza sui diritti fondamentali dell’Unione europea (vincolante per l’Italia dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona) e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo”.


In esso sono confluiti in certa misura il d.d.l. n.112 del 29.10.2010 nonché il precedente disegno di legge n.128/2008 recante “Modifiche di legge in materia di figli legittimi e naturali”, e altresì i disegni di legge del 16.3.2007 e del 17.10.2006, tutti finalizzati al superamento degli inaccettabili anacronismi che ancora caratterizzano la nostra legislazione familiare.


Un programma ambizioso che mira al riordino dell’intera disciplina codicistica familiare, e – come in altre occasioni si è avuto modo di evidenziare – al conseguente riconoscimento giuridico della parentela naturale, con tutto ciò che ne consegue in ordine all’adeguamento della disciplina successoria da improntare al rispetto del principio di uguaglianza tra figli, senza distinzioni.


Fu a partire dagli anni ’80 che cominciò gradatamente a delinearsi una sempre maggiore attenzione verso la questione del riconoscimento di una rilevanza giuridica della famiglia di fatto, che occorreva assimilare alla famiglia legittima, non solo evidentemente a fini risarcitori, quando fosse connotata dagli elementi della stabilità e continuità dei rapporti affettivi al suo interno.


Occorreva, tuttavia – e la questione resta tuttora irrisolta –  affrontare la questione della sua natura giuridica, per l’atipicità della sua struttura all’interno del nostro sistema positivo, e per la potenziale idoneità a ricomprendere al suo interno una vasta gamma di situazioni di cui deve essere accertata la meritevolezza in concreto.


In ambito risarcitorio il percorso evolutivo fu in realtà avviato nel 1994 (Cass., 28.3.1994, n. 2988) quando si realizzò il revirement rispetto all’impostazione tradizionale nel disporre  – con riguardo all’estensione della tutela aquiliana al convivente more uxorio – la necessità della sussistenza ‹‹di una situazione interpersonale, con carattere di tendenziale stabilità, di natura effettiva e parafamiliare che, come nell’ambito di una qualsiasi famiglia, si esplichi in una comunanza di vita ed interessi e nella reciproca assistenza materiale e morale››.


Soltanto adesso, superati i profili risarcitori, sembra emergere con forza l’esigenza di difendere i diritti fondamentali della persona tout court, indipendentemente dalla collocazione in seno ad una struttura familiare che risulti formalizzata nel matrimonio.


La forza innovativa della sentenza del giugno scorso, dunque, riteniamo debba rinvenirsi oltre la stretta questione della risarcibilità dei danni morali e patrimoniali da accordare anche alla famiglia di fatto: traguardo notoriamente acquisito sin dal 1994, come sopra accennato.


La Corte di Cassazione, infatti, col pretesto di estendere la tutela risarcitoria – già pacificamente accordata al convivente more uxorio per danni cagionati da fatto illecito – “anche in favore di chi sia stato legato da un vincolo di filiazione naturale alla vittima del sinistro, ancorché non legalmente riconosciuta, laddove tale vincolo sia stato contraddistinto dalle medesime caratteristiche di quello tra genitore e figlio legittimo o naturale riconosciuto” – sembra abbia voluto cogliere l’occasione per consacrare nel nostro ordinamento l’ingresso di un nuovo e più ampio concetto di famiglia di matrice europea, caratterizzato dalla reale stabilità affettiva nei rapporti tra genitori e figli, fuori da qualunque discriminazione, anche per ciò che concerne evidentemente i criteri di liquidazione del danno “che dovrà essere liquidato in rapporto al pregiudizio da ciascuno patito per effetto dell’evento lesivo” (Cass., 5.1.2001, n.116).


                                                                       Avv. Maria Rosaria Basilone

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