Nozze a rischio per chi consuma rapporti sessuali protetti.


I coniugi che usano il preservativo per tutelare la salute della donna e del nascituro da una malattia trasmissibile del marito potrebbero vedersi annullare il matrimonio concordatario celebrato in chiesa.
Lo ha stabilito la Cassazione convalidando – e dunque recependo nell’ordinamento italiano – la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Roma nel 2005 aveva ratificato l’annullamento del matrimonio di Fabio N. ed Elisabetta T., secondo quanto previsto da un decreto della Segnatura Apostolica.
In particolare, la Cassazione – sentenza 814 della Prima sezione civile – ha respinto il ricorso con il quale Elisaetta T. contestava l’annullamento delle nozze concordatarie con Fabio N, richiesto e ottenuto da quest’ultimo. Secondo la donna, lo Stato italiano non poteva accettare quell’annullamento pronunciato dai giudici ecclesiastici in quanto i coniugi, in accordo, avevano avuto rapporti protetti per evitare la trasmissione ad Elisabetta e all’eventuale nascituro, della “Sindrome di Reiter” dalla quale era afflitto Fabio. Per la Chiesa le pratiche che escludono la prole consentono di invalidare le nozze religiose. Ma Elisabetta ha fatto presente – in Cassazione – che un simile punto di vista «contrasta con l’ordine pubblico italiano che tutela la salute sia della donna che del nascituro».
Il riconoscimento dell’efficacia di questa sentenza ecclesiastica – ha sostenuto il difensore di Elisabetta dinanzi ai giudici di piazza Cavour – si tradurrebbe in una censura non avendo voluto i coniugi concepire un figlio in una situazione di grave pericolo per la sua futura salute. La Cassazione non ha condiviso la tesi e ha replicato che la nullità di un matrimonio concordatario per «esclusione della prole, quando tale intenzione sia accettata da entrambi i coniugi, non trova ostacolo, sotto il profilo dell’ordine pubblico, nella circostanza che la legge statale non include la procreazione tra i doveri scaturenti dal vincolo matrimoniale». Inoltre la Suprema corte aggiunge che le nostre leggi «non solo non prevedono alcun principio essenziale di “non procreazione”, ma configurano il matrimonio come fondamento della famiglia, finalizzato cioè alla formazione di quella società naturale comprendente anche i figli, quale normale, anche se non essenziale, sviluppo dell’unione coniugale».
Infine, la Cassazione ricorda ad Elisabetta – che in seguito all’annullamento del matrimonio perde qualunque diritto all’assegno di mantenimento – che «in materia matrimoniale c’è un margine di maggiore disponibilità che lo Stato si è imposto nei confronti dell’ordinamento canonico, rispetto agli altri ordinamenti stranieri».


IL MESSAGGERO

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