Maria, la piccola bielorussa, data in affidamento alla coppia Giusto – Boccaciti, di Cogoleto (GE) è stata ritrovata ieri in Val D’Aosta, presso un centro di vacanze a Chateau Verdun.


I carabinieri sono intervenuti grazie a numerose segnalazioni ed hanno trovato la piccola in compagnia delle due “nonne” affidatarie.


Tutto è avvenuto in fretta, senza clamori, e con l’ausilio di uno psicologo.


In questa vicenda c’è anche il Priore di tale centro, tale Francio Darbellay, 71 anni.


Il sacerdote ha difeso la sua iniziativa di ospitare, sebbene clandestinamente, la minore, sottolineando come tale ex convento da secoli abbia ospitato fuggiaschi di ogni appartenenza, razza e religione.


Ma che cosa sarà di Maria?


Quali conseguenze determinerà la scelta dei due coniugi di Cogoleto nei rapporti tra l’Italia e la Bielorussia?


Le adozioni con quel Paese saranno bloccate? Quanti bambini potranno vedersi negata la possibilità di fuggire dagli istituti per essere adottati da genitori italiani?


Tutto dipenderà dalla capacità dell’Italia di intessere alla svelta una formidabile azione diplomatica con lo Stato Bielorusso. Ma la vedo nera, considerando ciò che è accaduto negli ultimi anni tra i due Paesi in merito proprio alle adozioni internazionali.


Già ci siamo espressi in precedenza su tale vicenda. Non abbiamo condiviso la scelta dei coniugi, ma è  indubbio che la coppia di Cogoleto abbia scosso le coscienze di tutti.


Prima di tale vicenda, raramente si era parlato delle condizioni di vita dei bambini dell’Est, rinchiusi negli Istituti, e periodicamente affidati in Italia a coppie che ne avevano fatto richiesta (affido estivo).


Ma sarebbe il caso di interrogarci anche sulle condizioni di vita dei nostri bambini, rinchiusi negli istituti del nostro Paese.


Certamente non sono di molto migliori di quelle dei paesi dell’ex Unione Sovietica.


E dovremmo interrogarci sulle condizioni di vita dei tanti bambini, apparentemente normali, che vivono nelle periferie italiane, in particolare quelli di Scampia o Quartieri Spagnoli di Napoli, quelli delle borgate romane, quelli del Quartiere Zen di Palermo e quelli di tante altre zone degradate del nostro sonnecchiante “Bel Paese”.


Nessuno vuole mettere in discussione la buona fede dei due coniugi di Cogoleto. Ma non è possibile, che per muovere le coscienze in Italia, sia inevitabilmente necessario commettere un reato.


La coppia, pur nella nobiltà del proprio agire, ha sbagliato. D’accordo.


Ma ha sbagliato perché sapeva benissimo che solo un gesto eclatante e mediaticamente forte, avrebbe potuto quanto meno intavolare il dibattito sulle condizioni dei bimbi “senza famiglia”.


Insomma siamo tutti responsabili di ciò che accaduto, in particolar modo le nostre autorità che hanno fatto finta di niente per tanti anni, dinanzi a questa situazione, fin troppo nota ed evidente.


Nella mia veste di avvocato ho conosciuto molte coppie che hanno trasformato un affido estivo in un’adozione vera e propria.


Hanno seguito un protocollo, lungo e difficile, secondo le Leggi sulle adozioni internazionali, ma alla fine – pur se tra mille difficoltà – hanno raggiunto l’obiettivo di diventare veri e propri genitori e di dare una famiglia ai loro figli adottivi.


Ebbene tutti questi miei assistiti, senza che si conoscessero tra di loro, mi hanno raccontato lo stesso scenario circa le condizioni di vita di questi bambini , che avevano visitato nei loro squallidi istituti.


Mi hanno descritto cose orrende, alle quali forse non ho nemmeno creduto in pieno. E ora mi pento.


Dunque, i coniugi di Cogoleto hanno sicuramente detto la verità circa la volontà della piccola Maria di non tornare in quel maledetto Istituto di Vileika.


Non hanno enfatizzato niente.


La bimba è stata sincera e spontanea nella sua disperazione.


Ma perché non hanno inteso adottarla o provare almeno a farlo?


Perché chi di dovere non ha suggerito loro tale strada?


Qual è, allora, il senso del loro progetto?


Disinformazione o la voglia, attraverso Maria, di denunciare una piaga sociale?


Non si sa.


Ma ora mi viene di fare un’altra considerazione e mi rivolgo idealmente allo Stato Bielorusso.


Far venire in Italia tanti bambini abbandonati e rinchiusi negli Istituti, può rappresentare, anzi rappresenta sicuramente esporre questi minori ad un aumento  di sofferenza. Un modo  per  capire di più e meglio la loro condizione.


Lasciare la povertà del loro Paese e l’atrocità di un Istituto per venire nella nostra opulenza, mi sa tanto di girare il coltello nella piaga del dolore profondo di questi poveri bambini.


Farli venire da noi, nei nostri conforts, nelle nostre case riscaldate ed accoglierli in famiglie che li amano e li fanno sentire figli, per poi rispedirli dopo qualche mese di nuovo nei loro incubi, è quanto di più brutale si possa fare nei confronti di questi minori. E’ uno stillicidio morale e sentimentale.


I bielorussi pensano, forse, che un bimbo ad otto o dieci anni (italiano, bielorusso o cinese) non sia in grado di fare paragoni e di non capire ciò che è vita e ciò che non lo è ?


Perché far vedere loro la speranza di una vita migliore e normale e poi riproiettarli un’altra volta nell’incubo della loro vita  e del loro immeritato destino?


Perché non dare speranze concrete a questi bambini di voltare pagina  definitivamente e di scegliere per se stessi? Perché non consentire loro il diritto a prendersi  una rivincita?


Ma,senza queste speranze, non sarebbe meglio lasciarli in pace  nel loro “ambiente” e non tormentarli più?


Allora anche le Autorità Bielorusse sono responsabili, e lo sono senza nessuna giustificazione di sorta, soprattutto sul piano della sensibilità.


Mi auguro che da questa tragedia, perché di tragedia si tratta, si possa cambiare pagina.


Mi auguro che l’Italia sappia agire, a livello internazionale, per farsi garante dei diritti dei bambini.


Ma mi auguro,però, che anche i bimbi italiani, quelli delle periferie più squallide, possano essere ricordati, aiutati ed amati.


Maria è solo un esempio, è la punta di un iceberg che nessuno ha voluto mai vedere. Italia inclusa.


  


Avv. Gian Ettore Gassani


 


 

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